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TRAZIONE INTEGRALE: FACCIAMO UN PO’ DI CHIAREZZA 3

 In Gigi Blog

La trazione integrale per le vetture stradali è quindi un vezzo, una moda o serve realmente? Certo che serve, ma in maniera decisamente più tecnica di quanto abbiamo visto finora. Innanzitutto va fatta una importante distinzione. Distribuire la coppia motrice su quattro ruote consente principalmente di ridurre il valore di coppia su ogni singola ruota per poter “adattarsi” meglio alla resistenza del terreno. Quindi efficace su superfici con poco attrito, come abbiamo visto finora, ma anche nel caso la coppia e la potenza del motore siano tali da superare sempre la resistenza del terreno, anche sull’asciutto. Ecco perché molte vetture sportive e potenti sono oggi realizzate con questo tipo di trasmissione. In partenza da fermo, riuscire a scaricare a terra valori di coppia di oltre 500 Nm o potenze ad alto regime di rotazione è molto impegnativo anche con pneumatici di mescola e dimensioni adatte. E qui interviene la tecnica e la ricerca degli ingegneri addetti alla progettazione di questi sistemi. Cerchiamo di capirne l’evoluzione e la logica con cui hanno, negli anni, operato. La trazione integrale mutuata dai fuoristrada prevede l’utilizzo di un differenziale centrale con un bloccaggio automatico, il quale assicura un’ottima trazione per muoversi su fondi viscidi. Efficace, ma non flessibile. Infatti la distribuzione della coppia motrice tra asse anteriore e posteriore è determinata esclusivamente dalla tipologia di ingranaggi utilizzata. Uguale (50% e 50%) o differenziata (per esempio 32% all’anteriore e 68% al posteriore) che sia è comunque fissa: tanta coppia all’anteriore e tanta al posteriore. L’evoluzione è stata quella di sostituire il differenziale con un sistema che potesse prevedere la variabilità della distribuzione della coppia motrice. Studiando il sistema di blocco dei differenziali attraverso delle frizioni, si è scoperto che variando la pressione con cui si “stringevano” le frizioni, si variava la percentuale di coppia frenante. Eliminando il differenziale, sostituendolo con un pacco di frizioni di adeguate dimensioni e regolando la pressione con cui queste venivano strette, si variava la coppia motrice che queste erano in grado di “trasferire”. Il primo costruttore a realizzare questo fu la BMW con l’xDrive, seguito poi da praticamente quasi tutti gli altri costruttori con sistemi e soluzioni simili. Il concetto è semplice: dato che per le vetture stradali il punto focale non è riuscire ad arrampicarsi a bassa velocità su per gli sterrati, come per i fuoristrada, ma consentire di percorrere al meglio le curve in accelerazione senza sbandare, anche se varia l’aderenza del fondo stradale, realizzò un sistema meccanico fatto di frizioni a pressione variabile, controllato elettronicamente, in grado di “trasferire” la coppia motrice in esubero da un asse all’altro. Facciamo un esempio. Stiamo percorrendo una curva in accelerazione, il volante ha un certo angolo di sterzo, il pedale del gas una certa inclinazione, siamo in appoggio sulle ruote esterne alla curva. Modifichiamo un parametro: varia il terreno e incontriamo un tratto con un fondo stradale a basso coefficiente di attrito. La vettura che guidiamo è una trazione integrale con una distribuzione della coppia motrice di partenza di 40% all’anteriore e 60% al posteriore. Avendo esuberanza di coppia sul posteriore, è logico pensare che le prime ruote a perdere aderenza saranno proprio le posteriori. Lo sbandamento che ne deriva prende il nome di sovrasterzo (la vettura “sterza” di più della traiettoria impostata con il volante). L’evoluta elettronica di bordo analizza questo sbandamento in tempi rapidissimi, circa un decimo di secondo (un guidatore attento e concentrato è in grado di percepirlo in circa cinque decimi di secondo!) e regola la distribuzione della coppia motrice di conseguenza. In che modo? Con quali vantaggi? Presto detto. Il sistema prevede un collegamento rigido attraverso un albero di trasmissione, tra l’uscita del cambio e l’asse posteriore. In mezzo è posto un pacco di frizioni che sono “strette” con una forza calibrata con molta precisione, che collega l’albero di trasmissione con l’asse anteriore. In pratica è come se si “prelevasse” parte della coppia motrice indirizzata all’asse posteriore e la si convogliasse all’asse anteriore. Se, in questa situazione, le frizioni vengono strette con una forza maggiore si riduce la coppia motrice “inviata” al posteriore e si aumenta quella dell’asse anteriore. Con due vantaggi: si riduce la coppia al posteriore, interrompendo lo slittamento verso l’esterno della curva, e contemporaneamente si aumenta la coppia sull’anteriore che perde leggermente aderenza spostando il muso della vettura verso l’esterno. Questa rotazione contraria della vettura fa sì che si recuperi la direzione di marcia impostata, annullando il sovrasterzo iniziale. Ovviamente tutto questo può avvenire anche al contrario. Nel caso di trazioni sbilanciate sull’anteriore o nel caso di sottosterzo, le frizioni sono “allentate”, la coppia viene ridotta all’anteriore, aumentata al posteriore e si annulla, in questo caso, il sottosterzo. Con questa soluzione di trasmissione si può decisamente parlare di contributo dell’integrale nei confronti della sicurezza: controllare il sotto e il sovrasterzo su fondi stradali variabilmente viscidi, prima ancora che intervengano i sistemi di controllo della stabilità, è stato un passo in avanti gigantesco nei confronti della sicurezza nell’uso quotidiano delle vetture. Questo principio vale anche per le vetture sportive, potenti o per i super diesel tri o quadri-turbo? Nella guida sportiva il principio di base è quello di poter sfruttare al meglio l’esuberante potenza del motore: accelerare sempre con la massima efficacia. Ma questa è un’altra storia…